Con 45 anni, in concorso all’ultima Berlinale, Andrew Haigh si rivolge a un’altra generazione rispetto a quella al centro di Greek Pete e Week-end. Nella campagna inglese, Kate e Geoff sono una coppia sposata senza figli che conduce una vita tranquilla e si prepara a festeggiare l’anniversario di matrimonio. Cinque giorni prima del grande evento, arriva una lettera inaspettata: è stato ritrovato il corpo intatto dell’ex fidanzata del marito, morta cinquant’anni prima, durante un’escursione nelle montagne svizzere. L’idea di questa donna, dalla gioventù eternamente preservata e di questa relazione avvenuta anni prima, fissata nel tempo e quindi inalterata, sconvolgerà tutti i riferimenti della coppia. L’uomo è sconcertato e, poco alla volta, in maniera molto sottile, si allontana e la moglie capisce di non essere stata amata come ha sempre pensato, vedendo disgregati in un attimo 45 anni trascorsi assieme.
Sicuramente il momento che incide ed amplifica la presenza di un’assenza e il turbamento della moglie è quello in cui Geoff ammette che avrebbe sposato Katia se non fosse scomparsa, e lo dice proprio quando i due sono in procinto di festeggiare il giorno più importante che ha determinato le loro esistenze. Sul viso silenzioso di questa sposa matura ma ancora bella e infinitamente femminile, si legge la più grande inquietudine di un’amante: non essere stata scelta.
L’immagine e la storia di questa donna morta iniziano a insinuarsi nei pensieri di Kate facendole credere di essere lei, “l’altra donna”. Questo ruolo di moglie al contempo solida e vulnerabile sembra essere cucito apposta per la magnetica Charlotte Rampling. La tensione inespressa ma sottilissima fra i due personaggi è tutta racchiusa nella casa: la donna trattiene ed esprime, con il solo volto, smarrimento e fallimento e l’uomo ‒ Tom Courtenay, altrettanto straordinario ‒ perde il controllo dei movimenti e si fa travolgere dal fantasma della vecchiaia. I due protagonisti diventano personaggi senza tempo con le loro ossessioni, vacillamenti, insieme a una tenerezza delicata verso loro stessi.
Di cosa ha bisogno un rapporto per rimanere equilibrato? É possibile nella vecchiaia agire ancora secondo le proprie convinzioni o il tempo che scorre ci impone di accettare tutto?
Nel film ci sono i sogni, le paure, le disillusioni, l’ironia leggera ma anche il dramma e soprattutto la verità di un rapporto, di una stagione della vita. Nel luogo più alto e nascosto, attraverso fotografie e diapositive si recupera il passato, la memoria e si dà vita a un corpo chiuso ed inesistente di cui non si è mai parlato e chiesto nulla.
Un cinema leggermente meno descrittivo (sempre di impronta inglese, freddo e controllato), grazie ad un montaggio più insistito sui due sposi, avrebbe reso ancora meglio l’essenzialità, che si evidenzia in maniera così radicale nell’emotività che non esplode mai e si misura negli sguardi, nei gesti e nei piccoli movimenti, come i tic e gli occhi vitrei dell’attrice. Un film intenso e psicologico che parla di tutto quello che non sappiamo e che avremmo voluto sapere, dei nostri rimpianti e della mancanza di comunicazione.
di Alexine Dayné