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Escobar – Andrea di Stefano

49463Pablo Escobar è l’indiscusso protagonista della storia internazionale del narcotraffico, così come di quest’opera, che ruota intorno alla sua figura emblematica e contraddittoria. Lo sguardo, tuttavia, con cui la sua vicenda viene indagata non è quello personale di un eroe al negativo, ma quello di Nick, un ignaro ragazzo canadese approdato insieme al fratello nella Colombia di fine anni Ottanta. L’idea, che anima la sua intraprendenza e lo spinge a compiere questo viaggio oltreconfine, è quella della romantica realizzazione del sogno caraibico che batte nel cuore di ogni surfista: vivere insegnando surf e solcare le onde perfette di un mare turchese e incontaminato. Gli affari, seppur con qualche difficoltà legata alle ostilità dimostrate nei loro confronti dalle gang colombiane, sembrano ingranare per i due fratelli e offrire a Nick l’occasione per conoscere Maria, una bellissima indigena dal sorriso d’avorio. In breve tempo, i due giovani si innamorano perdutamente e, tra una risata e un tuffo in acqua, Maria decide di presentare il suo nuovo compagno allo zio, Pablo Escobar. Da subito presentato come uomo di spicco della comunità, forte di un consenso popolare che lo rende invincibile, il narcotrafficante più potente del mondo trascina i due giovani in un vortice di violenza e dolore che culmina in un atto epico, drammatico e commovente al tempo stesso.

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Pablo e Nick appaiono così come poli opposti di uno stesso magnete, legati entrambi da un patto d’amore nei confronti della propria famiglia, l’uno vittima del suo stesso potere, l’altro della propria perseverante cecità e illusoria convinzione di essere ancora padrone della propria vita. Il film sottolinea con evidente chiarezza l’incapacità di quest’ultimo di comprendere, fino alla fine, quanto grandi e crudeli possano essere le trame del potere, quanto fitte le maglie strette intorno alla propria vita e al proprio destino. Escobar, invece, appare a tutti gli effetti alla stregua di un dittatore, crudele e spietato, lucido in ogni sua mossa, tira le fila tra il bene ed il male, tra la vita e la morte, come un burattinaio celeste. Se le contraddizioni che ne sfaccettano il personaggio lo mostrano dapprima come devoto cristiano o come amorevole cantastorie circondato dai figli, e poi come efferato criminale pronto ad ordinare massacri, è proprio in questa sua incoerente complessità che si cela il fascino di un protagonista che la storia ha già altrimenti condannato. Diversamente, il ruolo di Nick sembra avere senso solo in quanto alter ego dell’istrionico Benicio Del Toro, magistrale in questa sua interpretazione. La sua vita sembra infatti scorrere senza lasciare spazio alla coscienza, che rivendicherà il proprio tempo in un crescendo di suspense.

Andrea Di Stefano, per la prima volta nelle vesti di regista, mostra di padroneggiare non solo la tecnica, ma anche il linguaggio filmico, restituendo allo spettatore un’opera ripulita di ogni retorica, dal taglio spiccatamente autoriale, grazie anche ad inquadrature che puntano al primissimo piano senza cedere alla convenzionalità del cinema classico. Il film mostra così tutte le potenzialità di un autore che, per certi aspetti ancora un po’ acerbo, ha saputo trasformare la storia nel palcoscenico di una vita, seminando le scene dei più svariati riferimenti, dal mondo dell’arte a quello della letteratura e della filosofia.

di Valeria De Bacco

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