Un topos caro a molta filmografia del passato e del presente è il vero protagonista de L’effetto acquatico: la piscina. Sono proprio le parole della regista a rivelarci l’importanza cruciale di questo luogo: “In piscina ci si va soprattutto per nuotare, ma poi lì si trovano desideri meno semplici da ammettere a se stessi. Le piscine sono luoghi molto democratici, perché i simboli di appartenenza, sociali o religiosi che siano, scompaiono dietro a un costume aderente. Si tratta comunque di uno spazio nel quale le lotte di potere avvengono senza alcun sotterfugio, uno spazio nel quale è possibile sentire l’eco del mondo moderno”. Solveig Anspach ha voluto così raccontare l’effetto magico che un simile contesto può creare, attraverso una storia romantica e delicata sulla bellezza dell’incontro con l’altro.
Samir, gruista di Montreuil, una sera incontra in un bar una donna, Agathe, di cui non sa nulla, non le parla nemmeno, eppure se ne innamora immediatamente. Decide allora di iscriversi subito ai corsi di nuoto che lei tiene nella piscina comunale, fingendosi un principiante che necessita di molte e intense lezioni. Tra una bracciata e l’altra il rapporto tra allievo ed istruttore sembra pian piano lasciare il posto a una relazione tra due innamorati, fino a quando Samir non è costretto da un imprevisto a svelare la bugia sulle sue capacità di nuotatore. Agathe reagisce con rabbia all’inganno e ne approfitta per partire al più presto per lavoro in Islanda. I sogni d’amore di Samir sembrano così definitivamente svanire, ma l’acqua che li aveva fatti conoscere non potrà certo lasciarli divisi; Samir parte anche lui alla volta dell’Islanda per riconquistare la fiducia e l’amore della donna. È proprio questo l’effetto acquatico motore e senso della storia, una sorta di principio ordinatore che è ancora la regista a spiegarci: “All’inizio della sceneggiatura c’era l’idea di passare da un mondo d’acqua costruito dall’uomo, come la piscina di Montreuil, alle acque selvagge delle terme islandesi, un passaggio teso a sottolineare l’innamoramento dei due protagonisti e l’evolversi del sentimento”. In queste parole è racchiusa appieno l’intenzione poetica di Solveig Anspach: un ultimo caloroso inno alla natura, all’amore e alla vita.
di Enrico Zimara