Giulia e Libero sono due giovani ragazzi, due poli opposti di uno stesso magnete, destinati fatalmente ad attrarsi e a riconoscersi completi nella realizzazione del proprio amore. Eppure, nonostante la purezza del sentimento che li unisce, la loro è una storia che non dovrebbe nemmeno essere immaginata, perché il mondo cui Giulia appartiene non permette che si ceda ad un amore proibito lo spazio del divino. Testimone di Geova lei, ragazzo di borgata lui: due galassie agli antipodi costrette ad entrare in collisione, quando Giulia decide di lottare in difesa della propria libertà e del diritto ad esprimere se stessa, all’infuori di qualsivoglia sovrastruttura, sia essa imposta dalla società o dalla religione.
La ragazza del mondo si trasforma così in un film scomodo e potente: con il pretesto di raccontare una storia d’amore, per la quale attinge direttamente ai nobili archetipi della tragedia shakespeariana, mette in scena il percorso umano compiuto dalla protagonista alla ricerca della propria identità. Giulia e Libero non sono solo due eroi pronti a sfidare le strette gabbie dorate intorno alle idee di famiglia e comunità, sono prima di tutto due esseri umani, capaci di guardare oltre la superficie e nel profondo del loro cuore.
Un tema così profondo e complesso necessita di essere affrontato con altrettanta delicatezza da parte delle istanze cinematografiche, che si dimostrano all’altezza di questa tematica esplosiva. Infatti, scegliere di trattare con spirito critico argomenti quali la fede, la religione e le relative imposizioni cui la dottrina conduce pone sempre di fronte a gravi difficoltà di metodo, qui magistralmente risolte con la scelta di un approccio documentato. Tuttavia, l’aspetto più interessante è che il film si rivela essere un ottimo strumento di riflessione anche per lo spettatore, costretto a confrontarsi con l’esistenza di realtà che nell’immaginario comune sembra appartenere alla storia del medioevo, ma che è ancora fervidamente presente nell’ortodossia di pensiero.
Il regista e la sua troupe scelgono dunque di riproporre dapprima lo scorrere lento e metodico di una vita condotta nel pieno rispetto delle regole, per poi accelerare il ritmo narrativo in corrispondenza degli avvenimenti che portano Giulia a stravolgere completamente la propria vita. La scelta della camera a mano restituisce così allo spettatore un’intimità preziosa, che permette di approfondire il rapporto con la protagonista senza mai cedere all’obiettività del documentario.
Co-prodotto dal Centro Sperimentale di Cinematografia di Roma, da cui provengono molte delle istanze creative che hanno contribuito alla realizzazione dell’opera, e presentato a Venezia in occasione dei Venice Days, La ragazza del mondo non è solo un’opportunità per conoscere le idee che animano i giovani talenti del cinema italiano contemporaneo, ma è soprattutto un’occasione per ricordarci che laddove alcuni vedono un confine, altri sono capaci di riconoscere un orizzonte.
di Valeria De Bacco