Monte è la storia di Agostino e della sua famiglia, che insieme vivono in un villaggio quasi del tutto abbandonato, situato ai piedi di un’alta montagna. Quest’ultima rappresenta un enorme ostacolo per il sole, i cui raggi non riescono a superarne le vette, per illuminare il paese e scaldare la sua terra, ridotta a pietre e sterpaglie. Il film, ambientato in epoca medievale, racconta gli sforzi quotidiani intrapresi da Agostino e da sua moglie Nina, i quali, affiancati dal loro unico figlio ancora in vita, Giovanni, cercano con caparbia ostinazione di non soccombere alla potenza della natura. L’opera è infatti la narrazione del rapporto ancestrale che da sempre lega l’essere umano alla natura, nonché il suo instancabile desiderio di dominarla e piegarla alle proprie necessità.
Per dirigere quest’opera, il regista iraniano sceglie proprio l’Italia e le montagne dell’altoatesino, che Agostino tenta disperatamente di abbattere a colpi di martello. Infatti, in virtù del suo ruolo di patriarca ostinato, si rifiuta in maniera categorica di lasciare la terra dei suoi avi, anche quando questa non produce altro che ortaggi scadenti. In risposta alla sua testardaggine e alle sue scelte religiose, considerate eretiche, gli abitanti dei centri più grandi additano lui e la sua famiglia come portatori di sfortuna, aggravando la loro già disgraziata condizione. Il martello diviene così non solo il mezzo impugnato dal protagonista per affermare la propria autorevolezza, ma anche uno strumento musicale nelle mani sapienti del regista, che punta ad ossessionare lo spettatore condizionandone l’ascolto dell’opera. Così, come avvenuto per Manhattan by Numbers, dove però al centro della sonorità del racconto vi sono le incessanti corse dei treni, inseriti nel contesto alienante della metropoli, in Monte, Naderi rappresenta il conflitto archetipico uomo-natura attraverso il minimalismo simbolico di due suoni primitivi, quello del martello e della roccia colpita che si spezza.
Il film gioca sui contrasti e sulle assenze per mettere in risalto, con quanta più evidenza possibile, la necessità insita nell’uomo a ritrovare la luce calda e abbagliante del sole. Anche lo spettatore, che già durante il corso della proiezione si è lasciato coinvolgere dall’energia inesauribile del protagonista, si lascerà stupire, sul finale, dalla ritrovata luminosità delle luci che accendono la sala. Girato in condizioni estreme, a oltre duemila metri di altezza, il film italiano di Naderi ritorna ancora su di un tema caro al regista, quello dell’incrollabile fiducia dell’uomo che lotta contro il proprio monte, i propri limiti e le proprie ossessioni, per tornare a vedere splendere il sole oltre le cime.
Presentato fuori concorso all’ultima Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, l’opera si è aggiudicata il Premio Jaeger – LeCoultre Glory to the Filmmaker, un omaggio dedicato ai registi che hanno saputo lasciare un segno nel panorama del cinema contemporaneo.
di Valeria De Bacco