Ambientato in una immaginaria Taranto del futuro, Mondocane, opera prima del regista esordiente Alessandro Celli, racconta un universo cupo e rassegnato in cui la fabbrica, un’acciaieria che sorge proprio nel capoluogo pugliese e richiama immediatamente alla memoria la storia complessa dell’Ilva, ha ormai fagocitato ogni diversa aspirazione ad una vita dignitosa e rispettosa della salute, condannando i cittadini ad un’esistenza che appare al contempo misera e turbolenta. Taranto si delinea così come un microcosmo in rotta totale, nel quale la legge è assente e la popolazione vive blindata, nel tentativo – spesso vano – di proteggersi dalle lacerazioni e dai tumulti dovuti alle incessanti guerre tra bande.
Per quanto distopico, il contesto rappresentato all’interno dell’opera affonda le sue radici nel presente: nel film viene infatti rievocata la storia travagliata della città ionica, chiamando in causa sia la sua geografia unica che la sua nota storia industriale, destinata a un inesorabile declino. In questo scenario rassegnato, si snodano le vicende di Mondocane e Pisciasotto, due orfani che cercano disperatamente di entrare nella temibile “banda delle formiche”, guidata da uno spietato Testacalda (alias Alessandro Borghi, interprete talentuoso, tra gli altri, anche di personaggi negativi e contraddittori, come quelli di Non essere cattivo, Suburra e Il primo re), che coniuga il potere del comando alla propensione didattica del maestro.
Ancora una volta, il cinema compie lo sforzo di riflettere su di una delle più grandi e attuali contraddizioni della società occidentale contemporanea, quella che vede la contrapposizione tra la salute e il lavoro, evidenziando il confine sempre più invalicabile tra la possibilità auspicata di una scelta e la reale necessità della vita quotidiana che richiama al dovere. Quando perdiamo la possibilità di scegliere il nostro destino? Quando incomincia la resa delle istituzioni che cedono il passo all’avanzare della criminalità e delle ingiustizie a discapito dei più deboli? Ma soprattutto, quando, possiamo ancora fare la differenza?
Al di là della sua riflessione sociale, Mondocane è, prima di tutto, il racconto di un’amicizia, quella tra i due giovani protagonisti, che assume le forme del romanzo di formazione ispirato al personaggio iconico di Oliver Twist. È attraverso l’innocenza della giovinezza che, così come già avevano fatto i fratelli Taviani in La notte di San Lorenzo, gli adulti possono (re-)imparare a interpretare il mondo, le sue istanze e le sue future necessità. Il film, presentato in anteprima alla Settimana Internazionale della Critica della 78ª Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, ha visto la luce grazie alla collaborazione tra il regista e il produttore Matteo Rovere, che ha saputo riconoscere il valore del progetto, perseguendo la proficua ricerca sul genere, già intrapresa con opere di grande successo quali Smetto quando voglio, cui sono seguiti due sequel, e Il primo re, apprezzato da pubblico e critica di tutto il mondo.
Valeria De Bacco