Come sarebbe vivere per sempre? Molti ne sarebbero entusiasti perché per gli esseri umani il tempo si esaurisce troppo in fretta, e anche per Eve l’immortalità è una benedizione che le ha dato il dono di vedere tutto. Adam, invece, la percepisce come una maledizione poiché ha una predisposizione per la malinconia e la depressione. Egli si addolora così per gli aspetti distruttivi degli uomini, da lui chiamati “zombie”: il fatto che facciano la guerra, che siano inclini al razzismo, all’odio e ad ogni sorta di divisione. L’ultimo film di Jim Jarmusch, ambientato di notte con un andamento estremamente lento, è una storia quasi assente, ma allo stesso tempo molto profonda. Due vampiri affascinanti, romantici e dotati di un gusto estetico sopraffino sono i protagonisti di un amore puro che si riannoda attraverso i secoli. Seguendo le indicazioni del regista, Tom Hiddleston interpreta il personaggio come fosse un Amleto nei panni di Syd Barrett, un’anima malinconica, triste e poetica, nel corpo di una rock star. Adam ha i capelli neri ed è magrissimo. Colleziona splendide chitarre e compone musica underground per sapere cosa ne pensa la gente, non per aspirare al successo. Il dionisiaco rocker, che vive nella Motown – città con un’importante passato musicale alle spalle – guarda Detroit come la fotografia time-lapse di un fiore che sboccia, appassisce, muore e in cui si assapora la fragilità della vita. Eve è elegante, ha fluenti capelli bianchi e pelle diafana. La donna si nutre di libri e a Tangeri incontra spesso l’amico e drammaturgo Christopher Marlowe, incarnato dai lineamenti intensi di John Hurt.
Questa coppia di esseri rari, come il sole e la luna, ha il dono della creatività umana. Sono entrambi sensibili alla musica, alla scienza, alla poesia, alla filosofia, alla letteratura e all’amore. Non mordono e non uccidono, a differenza di Ava – rappresentazione del vampiro vecchio stile – famelica e imprevedibile. Anche quando si ritrovano in pericolo, si salvano perché ricordano l’uno all’altra che l’unica ragione di vita è l’amore. Sin dai tempi dei suoi esordi, Jarmusch concepisce la musica come parte essenziale del fluire della storia e della sua messa in scena. Come le chitarre di Neil Young accompagnavano Dead Man, qui il regista compone, con i suoi Sqürl, la colonna sonora del film, avvalendosi della collaborazione del noto liutista Jozef van Wissem. Si prenda ad esempio Funnel of Love, brano dell’incipit: una volta celeste comincia a roteare vertiginosamente fino a che le scie luminose non diventano un quarantacinque giri, nella cui spirale sono avvolti anche i personaggi, come se dovessimo intuire di vivere un eterno inizio. In un mondo in cui la cultura e la bellezza non hanno valore, dove il progresso cede il passo al profitto, questi personaggi reagiscono al decadimento e alla depressione per dar vita a quello che manca. Senza che il film ci dimostri nulla, noi dovremmo aspirare ad essere come queste creature che guardano al futuro nella piena consapevolezza del passato, che si prendono cura del mondo e di qualcuno. Solo chi ama può dirsi realmente vivo.
Alexine Dayné