Grimaldi è l’ultima frazione di Ventimiglia prima del confine francese. La località ligure è famosa per due ragioni: la partenza del celebre “Sentiero della morte”, a strapiombo sul mare, che fin dal tempo del fascismo era utilizzato per arrivare a Mentone senza essere visti dalle autorità; la presenza del celebre castello Voronoff, così battezzato in onore di Serge Voronoff, chirurgo e sessuologo russo che nella dimora compì numerosi esperimenti di endocrinologia, per trapiantare testicoli di scimmia nell’uomo al fine di trovare una cura all’invecchiamento.
A Grimaldi parte il viaggio di Giovanni Cioni, eclettico regista di documentari, che con la sua ultima opera costruisce un caleidoscopio narrativo fondendo elementi contemporanei a suggestioni fantastiche derivate da un passato onirico.
Questa zona di confine, bagnata dal mare e dal clima invidiabile, diventa terreno per un racconto sotterraneo narrato, anzi metaforicamente gracidato, dalle rane che abitano lungo il sentiero. Un sentiero fuori dal tempo in cui il tempo continua a confondersi tra un passato reale dal sapore quasi fiabesco-leggendario e un presente profondamente etereo in cui l’apparente calma nasconde invece dolore e sofferenze.
La voce di Cioni descrive, riflette, suggerisce, inquadra con poche parole tutto quello che è racchiuso in quel tratto di costa: i segni di ciò che fu, come le gabbie delle scimmie del castello Voronoff ancora ben visibili dalla strada, e i segni di ciò che concretamente è, come le scritte e le indicazioni sui muretti per orientarsi e passare così la frontiera.
Non si vedono volti (al massimo gambe e piedi), non si vedono presenze umane riconoscibili. Gli unici personaggi ci vengono mostrati, quasi fossero fantasmi, tramite filmini di famiglia o sequenze tratte da alcuni film del passato come King Kong e Femmine folli. Un’umanità quindi spettacolarizzata e fittizia, immortalata per sempre sulla scena, che tanto contrasta con la concreta e mutevole vitalità animale dell’aspra natura attorno a Grimaldi.
Teatro a cielo aperto di contraddizioni, il confine italo-francese diventa per Cioni il perfetto esempio di una sintesi dell’essere umano. Il suo sguardo, simile a quello di uno scienziato, si propone di andare oltre la semplice apparenza recuperando tutto ciò che si cela dietro le case in stile liberty o la mondanità propria del vicino teatro Ariston di Sanremo, per un film intimo e profondo che esplora la presenza assente dell’uomo sul pianeta Terra.
Marco Mastino