Elisabetta di Baviera (1837-1898), fu una grande icona, preconizzando in qualche misura il feticismo legato all’immagine dei divi che scaturirà con l’invenzione del cinema. Ne Il corsetto dell’Imperatrice, presentato a Cannes 2022, la regista austriaca mette in scena proprio per questo un improbabile incontro tra la regnante e Louis Le Prince, ossia uno dei pionieri dell’invenzione della tecnica cinematografica. Le Prince, consapevole dello statuto iconico di Elisabetta, la immortala qui in una prova delle “immagini in movimento”. Di Sissi, il cinema inizierà a nutrirsi ben presto, fin dalle prime pellicole tedesche a lei dedicate negli anni ’20, per poi metterne a punto negli anni ’50 l’immagine radiosa e melodrammatica interpretata da Romy Schneider. L’attrice, poi, rivestirà – quasi ironicamente – di nuovo i panni di Elisabetta in Ludwig (1972) di Luchino Visconti, che la vede donna adulta, cinica, insofferente. Elisabetta non è più l’innocente bellezza che ha incantato l’Impero asburgico, soggetto di innumerevoli dipinti che ne hanno sottolineato la figura perfetta. La donna, interpretata da una carismatica, eccellente e allo stesso tempo respingente Vicky Krieps che non cerca l’empatia ma insegue la vita, deve spegnere quaranta candeline e la sfida per restare magra come una ventenne inizia a starle stretta come quel corsetto (dal titolo originale del film Corsage) che deve annodare sempre di più per continuare ad aderire all’immagine che tutti, lei stessa inclusa, hanno sempre adorato. Gli sforzi implicati in questa lotta con il tempo sono innumerevoli e passano dall’anoressia, all’astenia sessuale, all’insonnia curata con un nuovo preparato (l’eroina), fomentando un forte narcisismo e un insidioso istinto di morte.
Se i rapporti con il marito sono sempre più tesi anche perché la brillante Elisabetta vorrebbe mettere la propria intelligenza a servizio della politica, il ruolo della donna nella società la costringe invece al massimo a perseguire il proprio ideale di bellezza assoluta o a prendersi pause per andare a trovare il cugino Ludwig, o una delle sue sorelle, cercando di calmare quella che – se il suo statuto di classe fosse differente – verrebbe presa come isteria conducendola dritta al sanatorio. La rivisitazione di Elisabetta portata in scena da Marie Kreutzer si intreccia con l’avvicinamento “pop” della regnante Maria Antonietta nell’omonimo film di Sofia Coppola ma soprattutto con quello operato da Susanna Nicchiarelli nel suo pregevole Miss Marx, come sottolineato dalle canzoni moderne che fanno da colonna sonora. Da un punto di vista contenutistico, il film guarda alla Lady Diana di Spencer, altra principessa infelice, mostrando una donna in crisi con gli altri e con se stessa, desiderosa di voltare pagina, ma imprigionata nella prassi dei doveri e nella propria iconicità, che in fondo è proprio uno dei suoi doveri imperiali.
Alexine Dayné