Half Nelson si nutre del ribaltamento dei ruoli tra professore e alunna. Trae linfa vitale dalla distanza che si ha tra il ruolo pubblico che può avere un insegnante (e che il professore sente particolarmente come suo dovere, l’insegnamento per lui è una missione e per questo usa percorsi didattici molto alternativi) e la dimensione privata in cui viene fuori la depressione e la solitudine ordinaria dell’uomo senza radici, da cui si cerca di fuggire usando la droga. E quando la sua alunna Drey, con una complicata situazione familiare, lo scoprirà a drogarsi, i due intrecceranno una particolare amicizia fatta di solidarietà e reciproca comprensione che, forse, sarà il punto di partenza per conquistare una vita migliore. Mentre l’insegnante prova a strappare l’alunna al mondo dello spaccio, lei tenta di strappare lui alla droga.
Dan Dunne è un giovane e brillante insegnante di storia nonché allenatore di basket che lavora in una scuola media periferica di Brooklyn, frequentata soprattutto da afroamericani e ispanici. Dan stimola l’attenzione e la curiosità dei suoi allievi impostando le sue lezioni sul metodo dialettico e su una personale teoria che concepisce la storia come il prodotto del cambiamento provocato dallo scontro di forze opposte.
L’intento di Dan è quello di guidare i suoi allievi verso una maggiore consapevolezza del potere del singolo individuo là dove il crollo delle utopie e dell’idealismo ha lasciato il posto solo a desolazione intellettuale, la stessa che ha colpito se stesso condizionandone l’esistenza quotidiana fino a sfociare in dramma personale. Le scene di vita quotidiana di Dan sono intervallate da stralci delle sue lezioni in cui i giovani studenti citano gli episodi più importanti della lotta per i diritti civili negli Stati Uniti, omaggio al primo Spike Lee.
Girato quasi alla stregua di un documentario, dove contano più gli sguardi che le battute, secche ed essenziali, un cinema alternativo made in Usa racconta una storia di vita ordinaria, alle prese con difficoltà e fallimenti comuni, che possono però spingere a scelte estreme. Un dramma sobrio e asciutto, privo di abbellimenti, amplifica il disagio interiore vissuto dal protagonista. Ryan Gosling, meritatamente nominato all’Oscar, capace di urlare gli stati d’animo del suo alter ego attraverso impercettibili scansioni dello sguardo, interpreta un personaggio allo sbando, deluso dagli altri e da se stesso e, allo stesso tempo, troppo intelligente sia per lasciarsi completamente andare al gorgo della dissoluzione che per resistervi del tutto. Shareeka Epps, con l’arguzia e la saggezza di una dodicenne molto più adulta di coloro che la circondano, rappresenta il motore della storia: è il suo scoprire Dan drogato in bagno che dà il via alla loro relazione; è il successivo distacco che la porta a riavvicinarsi allo spacciatore Frank; è la sua comprensione dell’umanità, e quindi della fallibilità di Dan a riavvicinarli definitivamente e a risollevarlo dal fondo.
Due solitudini che potrebbero sembrare opposte, ma che hanno molti più punti di contatto di quanto si potrebbe immaginare.
Alexine Dayné