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Cile - Locandina

Cile – Il mio paese immaginario

Uscire dalla metropolitana, salire le scale e vedere un Cile diverso. Questa è l’immagine forse più evocativa, descritta dalla voce di una giovanissima manifestante intervistata nel documentario, di quelle che sono state le proteste di piazza scoppiate a Santiago nell’ottobre del 2019, raccontate in quest’opera dal regista Patricio Guzmán (che già aveva documentato la storia del suo Paese, nella sua trilogia più famosa, la Battaglia del Cile).

La metropolitana come uno dei luoghi simbolo delle proteste, lì dove tutto inizia: l’aumento dei prezzi del biglietto come miccia che dà inizio all’incendio, metafora che spesso ritorna nel documentario per descrivere la rivoluzione in atto (Come un fuoco, una fiamma. Una fiamma che porta ad un nuovo Cile). Uscire poi da sottoterra, allo scoperto, salire le scale per prendersi la piazza (nella manifestazione più grande avvenuta il 25 ottobre 2019, saranno più di un milione le persone radunate a Plaza Baquedano). 

Il regista sceglie di raccontare la rivoluzione innanzitutto come percorso di rinascita (La rivolta mi ha fatto sbocciare), quasi un’uscita dagli inferi, dal buio della metro alla luce della strada, e lo fa attraverso due lenti specifiche: lo sguardo delle donne e dei reporter. Il documentario alterna, infatti, immagini della protesta e della conseguente violenta repressione militare, concentrandosi esclusivamente su interviste a donne che hanno giocato un ruolo da protagoniste o osservatrici attente: manifestanti, psicologhe, fotografe, giornaliste, politologhe esperte e giovani figure della politica emergente. Le donne, le femministe, sono le prime interpreti di questa rivoluzione, una rivoluzione che non ha leader né partiti politici, una rivoluzione che chiede un’istruzione superiore gratuita, un pensionamento adeguato, salari più alti, e la lotta per la fine della violenza e della disuguaglianza di genere. Sempre le donne sono le attrici dell’Assemblea costituente nata a seguito delle rivolte, che ha portato alla riscrittura della Costituzione nazionale. Grazie al sistema delle quote, il Cile è così il primo Paese ad avere una Costituzione scritta dallo stesso numero di donne e di uomini. 

Obiettivo secondario, ma altresì centrale per il documentarista, è sottolineare il ruolo cruciale avuto dai reporter che, lungi dall’essere meri spettatori, testimoniamo in prima persona la violenza delle forze armate, tanto che vengono presi di mira quanto i manifestanti, diventando anzi doppiamente pericolosi nel loro ruolo di registratori della realtà in opposizione alle mistificate narrazioni ufficiali cilene. A causa della repressione, centinaia di individui hanno perso un occhio e l’immagine dell’occhio bendato è diventata a sua volta simbolo della protesta collettiva.

Presentato fuori concorso a Cannes nel 2022, il documentario ha il raro pregio di mostrare l’in-mostrabile, gli invisibili, tutte quelle categorie oppresse che, unite, lottano per un Paese diverso, per un Paese nuovo, all’insegna della parità di genere. 

Carolina Zimara

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