Kevin, Brenda e Alex trascorrono le loro giornate come se fossero un’infinita vacanza (una sterminata domenica, appunto). Si muovono tra la campagna dove abitano, il litorale e la capitale romana. In perenne lotta, cercano di trovare un senso alla quotidianità e vogliono poter lasciare un segno in quel periodo fragile e delicato che è l’adolescenza e in quel passaggio alla vita adulta.
Alain Parroni, esordiente e coraggioso regista, decide di filmare la sensazione di noia e vuoto dei suoi protagonisti e il tempo che si ferma. La periferia romana continua ad essere raccontata, ma qui ci si isola ancora più ai margini, marcando una distanza non solo dal mondo benestante ma anche da quello operaio: la borgata di Una sterminata domenica segna il confine ultimo tra città e campagna. È un non-luogo in cui è facile perdersi tra le coordinate spazio-temporali e questa sensazione di non identificazione e spaesamento ci viene mostrata da immagini potenti e parlanti attraverso i silenzi (il direttore della fotografia ha il merito di utilizzare una fotografia ibrida, scegliendo di montare su una digitale delle lenti Super 16).
Premiato all’ultima Mostra di Venezia nella sezione Orizzonti, con il riconoscimento della stampa internazionale, il lavoro, come già detto, si fissa sull’immagine, lasciando che siano i vari piani a caratterizzare gli scarni eventi e a renderli significanti. L’opera è ossimorica, a tratti veloce nei tempi, a tratti lenta per il procedere della trama: si ha l’impressione di trovarsi di fronte a una ricerca che non esplita una tesi, ma è intenzionata a trasmettere gli stati d’animo dei giovani protagonisti.
Il tempo non è memoria e nostalgia ma vive di uno sterminato presente, – non c’è passato, non c’è neanche futuro – in cui la domenica non finisce mai. I protagonisti sono intrappolati in inquadrature che si ripetono (in loop) come delle GIF, mentre cercano di rubare il tempo, come fa Kevin con gli orologi dei turisti distratti, o tramite il photobombing, inserendosi a forza nella memoria collettiva degli sconosciuti. Ed è forse l’amore l’unica forza in grado di dare vita a questa sterminata domenica. Alex, travolto dall’amore alla scoperta dell’imminente paternità, unico tra tutti i personaggi ad avviarsi verso un processo di maturazione, comincia a lavorare con un vecchio pastore (simbolo di un mondo arcaico) che lo obbliga al confronto con la brutalità del reale. Alex perde il cellulare nel sangue nel momento in cui diventa adulto e non può più ignorare la realtà attraverso la fuga nel virtuale. Quella di Alex è un’idea di amore cristiana, intesa come sacrificio del sé per il prossimo, ma quando questa fede si spezza, Alex si perde.
Una sterminata domenica è un mondo senza genitori, senza famiglie e senza comunità; in cui l’individualismo regna sovrano, in cui tutti sono imprigionati nelle automobili e nessuno presta attenzione alle richieste di aiuto delle nuove generazioni.
Un film pieno di sincerità, impulsività, rabbia, noia e preoccupazione in un equilibrio ancora precario.
Alexine Dayné