Nel 1975 Primo Levi scrive “il sistema periodico”: raccolta di ventuno racconti di matrice autobiografica dove la materia si fa chiave di comprensione del mondo. “Ferro” è uno di questi e ruota attorno a due elementi: l’amicizia con Sandro Delmastro e la passione per la montagna, tratteggiati in quello che è anche un ritratto generazionale poetico e politico.
Ecco lo spunto per il film documentario FERRO, di Alessio Zemoz in collaborazione con Alexine Dayné Michel DomaineDaniele Pierini: un ritratto generazionale poetico e politico di un’intera classe. Una classe di ferro, appunto.
FERRO, al cinema come in chimica, è un elemento esposto, vistoso e incapace di nascondersi. Un viaggio musicale di matrice documentaria, nel merito del territorio del comune di Sarre, che si prende, o forse si perde, tutto il tempo necessario allo spaesamento e al ritrovarsi: la giovinezza, la libertà, il provincialismo, la montagna, l’identità, il rituale, la tradizione. Ecco che la materia si fa chiave di comprensione della realtà, “vecchia come il Tutto e portentosamente ricca d’inganni […]”. Con atteggiamento contraddittorio e incerto, FERRO mette a fuoco una generazione alle prese con il rito di passaggio all’età adulta: un rito imperfetto, effimero e ingannevole, poetico e politico assieme d’iniziazione alla vita. E Qui, oggi, di fronte al Tutto, il ritratto intimo e surreale di una nuova classe, una classe di ferro appunto, di giovani uomini e giovani donne del nuovo millennio, Europei e montanari.