Alternando in un continuo intreccio il presente austero e il passato spensierato, come succede in Blue Valentine di Derek Cianfrance, senza avere qui l’obiettivo di spiegare le emozioni dei personaggi ma per mostrarci i vari momenti della vita che si chiudono e che formano il cerchio, il regista ci racconta una splendida storia d’amore tra coloro che diventeranno Alabama e Monroe – come recita il titolo italiano – nella forma di una ballata che esplora concetti come la vita, la morte, la nascita, la paternità e il perdono.
Due corpi e due anime così diversi tra loro, interpretati magistralmente da Veerle Baetens, personalità catalizzatrice che combina tecnica e fascino e Johan Heldenbergh, musicista professionista di banjo e autore del dramma teatrale da cui il film prende il titolo originale.
Elise, bionda, flessuosa e leggera come una ballerina e Didier, bruno, gigante e barbuto, si incontrano e si uniscono anche grazie alla musica bluegrass in una relazione talmente passionale da rimandare a Walk The Line di James Mangold, ma che ancora di più si rispecchia – con La guerra è dichiarata di Valérie Donzelli – nell’amore esplosivo della coppia che viene messa alla prova dalla tragedia più grande. Un amore indivisibile che si rafforza sempre di più con la nascita di Maybelle e che mette radici fino alla perdita e al lutto. L’impossibilità di alleviare il dolore nella vita che continua sgretola l’amore e fa emergere le divergenze tra i due protagonisti: Elise, sopraffatta dal senso di colpa, si rifugia nel suo mondo religioso e ornato di simboli – tatuatrice, inscrive nel suo corpo gli eventi e i significati che hanno segnato la sua vita – mentre Didier percepisce il mondo in maniera più razionale e concreta.
Un film ambientato in Belgio ma che guarda all’America, nella forma e nello stile, sia per i continui flashback che separano i due archi temporali sia per la capacità della fotografia di desaturare il presente e di tingere il passato di toni più caldi: interni illuminati dal fuoco, sagome in controluce e esterni di sole che si riverbera sui vestiti bianchi della band. Anche il luogo e il racconto sembrano allontanarsi dall’Europa poiché il protagonista, con la passione per la musica country, sente forte il mito del “sogno americano” fin quando anche questa patria delle opportunità soccombe al crollo delle Torri gemelle. Seduto davanti alla televisione a guardare il viso di Bush, Didier esprime una profonda disillusione e una critica nei confronti della società americana perché la “Terra dei Sogni” ha deciso di frenare la scienza per motivi religiosi, vietando la ricerca sulle cellule staminali embrionali.
Aggiudicatosi il Premio César come miglior film straniero, oltre ad essere stato il maggior avversario di Sorrentino agli Oscar, è un melodramma commovente ma straordinariamente umano e dal tocco leggero e delicato, dove la scelta musicale segue i picchi emotivi degli eventi, celebrando la passione fra Didier ed Elise e accompagnando la loro discesa nel dolore, fino a diventare requiem.
Alexine Dayné