Presentata al Sundance Film Festival, Brian e Charles è una commedia girata in formato di documentario, scritta da David Earl e Chris Hayward (che oltre ad essere gli sceneggiatori rivestono anche il ruolo degli interpreti principali).
Brian ci introduce nella sua vita, racconta come vive nel suo piccolo cottage e ci illustra le sue invenzioni. E’ un uomo semplice, genuino, impacciato, solo, triste ma anche gioioso. Dopo un inverno particolarmente rigido, Brian costruisce un robot, Charles. Si tratta di un ingombrante e quieto vecchietto di due metri, con papillon, camicia e maglioncino. E’ proprio il classico inglese a cui Brian vorrebbe aspirare, il suo alter ego. In Charles, si condensano i sogni, la volontà di evasione e riscatto di Brian.
Si affronta il tema dell’autonomia e della relazione di cura, del rapporto di attaccamento e perdita che avviene tra il creatore e la creatura (ricordiamo Frankenstein), ma anche la rottura che si determina tra un genitore e un figlio, parte integrante del processo educativo. E’ una storia tenera sulla solitudine e sul potere dell’amicizia, sulla necessità di lasciare andare, ma anche sulla forza di rimanere, per riflettere sul rapporto con se stessi.
Brian e Charles è una storia di doppia formazione. L’amicizia tra i due porta ad una crescita in entrambi i personaggi, che dopo il loro incontro sapranno affrontare la vita in maniera più consapevole. L’evoluzione si verifica tanto nell’umano quanto nel robot. Charles deve affrontare l’amara scoperta di non essere umano e Brian non è pronto a condividere il robot con il resto del mondo al pari di un padre iperprotettivo. Ognuno imparerà dall’altro, il robot riceve il dono della vita e restituisce al suo creatore la chiave vitale che stava cercando da tanto tempo.
Il film nasce da una serie di sketch che hanno conquistato il pubblico inglese club dopo club. Gli autori hanno voluto ampliare la storia per permettere di approfondire i personaggi, anche se la dilatazione dei tempi ha messo in rischio di far perdere mordente alla comicità ma si è mantenuta alta l’ironia grazie a dialoghi brillanti e battute garbate.
L’aspetto più interessante che contraddistingue Brian e Charles è il suo lato metanarrativo, che gli permette di rompere il confine con lo schermo cinematografico per sperimentare un rapporto inusuale con lo spettatore. Chi guarda, impara a conoscere Brian tramite le interazioni dirette che ha con lui, le sue risate forzate alla telecamera mostrano la sua fragilità, le sue parole dal tono amichevole e confidente fanno risuonare un disagio interiore che solo l’arrivo di Charles riesce ad alleviare.
Brian e Charles, con una storia che si distacca dalla realtà, riesce tramite un punto di vista differente a esplorare benissimo quella realtà da cui si allontana, a parlare di relazioni umane e sociali tramite qualcosa che non lo è.
Alexine Dayné