Dopo la sua presenza in concorso al 69° Festival internazionale del Cinema di Berlino con Mr. Jones, opera biografica incentrata sulla vita del giornalista gallese Gareth Jones, primo testimone della carestia che negli anni Trenta del secolo scorso colpì l’Unione Sovietica, la regista polacca Agnieszka Holland, l’anno successivo, torna a Berlino con Charlatan.
Il film, inserito nella sezione Berlinale Special, narra la vita straordinaria di Jan Mikolášek, giardiniere cecoslovacco che scelse di dedicare tutte le proprie energie e il proprio talento alla cura del prossimo, attraverso la messa a punto di un metodo curativo originale, che trae origine dall’incontro tra l’antica sapienza erboristica e l’esame visivo dell’urina. L’opera, costruita su un continuo alternarsi di passato e presente, in cui si contrappongono gli anni della formazione e l’ascesa al successo all’attuale declino di Mikolášek, sembra ricercare l’obiettività del documentario, pur delineandosi nella forma del racconto biografico di finzione.
Ispirata alla vicenda reale del protagonista, la regista insiste sugli aspetti più cupi e oscuri del personaggio, sfuggendo il rischio di una mitizzazione poco realistica della sua storia, ma, anzi, mettendone in luce le contraddizioni. Contraddizioni che servono da espediente per analizzare il bagaglio culturale di un’epoca: l’indottrinamento di regime e le piaghe della guerra, l’omosessualità negata, il tradimento, ma anche la famiglia e le relazioni di cui si compone, il significato che essa assume all’infuori dei prescritti canoni istituzionali sono alcune delle tematiche che fanno da sfondo alla vicenda personale e umana del protagonista. Riletto alla luce degli eventi drammatici che hanno caratterizzato gli ultimi anni del nuovo millennio, non ultima la pandemia da Covid-19, che vede contrapporsi convinti sostenitori della scienza a ferventi no-vax, il film si offre quale lucida opportunità per riflettere sull’imperialismo ideologico che, a volte per pura convenienza, delinea i confini tra ciò che è giusto, buono, socialmente condivisibile e ciò che invece non lo è.
La vicenda stessa e lo stile con cui Holland la rappresenta visivamente fanno di Charlatan un film cupo, che non vuole offrire risposte allo spettatore, guidandolo piuttosto verso una visione distaccata degli eventi narrati. Ed è forse questo il suo più grande merito, quello di riuscire a mostrare, al di là di qualsiasi potenziale giudizio, l’ambiguità di un’esistenza condotta nel tentativo imperfetto di preservare la vita.
Valeria De Bacco