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I miserabili

La forza espressiva de I miserabili di Ladj Ly, Premio della Giuria a Cannes 2019, è evidente fin dalle prime scene, dedicate ai festeggiamenti in piazza per i mondiali vinti nel 2018 dalla Francia, nel corso dei quali si incontrano alcuni dei giovanissimi protagonisti del film, ragazzi della banlieu di Montferneil. Ben presto, però, in queste manifestazioni di gioia collettiva si insinua una sottile inquietudine; la cinepresa instabile, il montaggio veloce e il tappeto sonoro di un’inquieta musica elettronica restituiscono la vivacità del momento, ma ancora di più instillano il dubbio che la gioia collettiva e la coesione nazionale siano superficiali ed estemporanee. In alcune scene, la festa è connotata dall’estetica della guerriglia e delle proteste di piazza: è incisiva la scelta di utilizzare il campo lungo su cui appare il titolo del film con l’Arco di Trionfo sullo sfondo che sembra assediato da una moltitudine di persone.

Ladj Ly, figlio di Monteferneil, prende infatti spunto dalle rivolte delle banlieus francesi del 2005, nel tentativo di raccontare l’eredità di quella stagione e di fotografare il delicato equilibrio di un contesto che non è affatto mutato. Una situazione a cui basta poco per esplodere. I miserabili diventa così cronaca di una detonazione, che trova la sua miccia nel furto di un leoncino dal circo. La caccia al felino e all’uomo crea un effetto domino per il quale le tensioni, gli odi, le differenze e le ingiustizie esplodono. Da una parte, i tre poliziotti di zona, due “esperti” radicati nel quartiere e uno appena arrivato, dall’altra il resto degli abitanti.

Non è però così semplice, lo schema non è banalmente poliziotti contro tutti. Rivalità, tensioni e giochi di potere sono interne anche alla composizione sociale, etnica e religiosa del luogo (si vedano il “sindaco” di zona o i difficili equilibri nella spartizione dell’influenza tra i vari gruppi): le contrapposizioni e le alleanze mutano. Semmai, l’unica generalizzazione possibile in questo film, che ha anche le sfumature della “guerra tra poveri”, è quella dello scontro tra adulti e ragazzi, vittime prescelte e obbligate alla rivolta. Il racconto di uno scollamento generazionale lega il film di Ly ad un’opera diversissima in cui però si ritrovano i giovani, seppur di estrazione sociale diversa rispetto ai ragazzi de I miserabili, prendere sulle proprie spalle le problematiche più urgenti della contemporaneità e scegliere una reazione drammatica e clamorosa: è il noir psicologico e apocalittico L’ultima ora (2018) di Sébastian Marnier.

I miserabili unisce, in particolare nella seconda parte, il ritmo e la tensione quasi “di genere” alla precisione naturalista del sociologo sul campo, mostrando sempre una certa forza espressiva. Ne è un esempio il ricorrente utilizzo del drone, per una volta coerente con la sostanza del film, non solo in quanto elemento decisivo a livello narrativo, ma anche per la capacità di trasmettere un senso di minaccia costante, che dà l’idea dell’esplosività del luogo e del suo panorama sociale.

Edoardo Peretti

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