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Il matrimonio di Rosa_1

Il matrimonio di Rosa

La storia di Rosa, protagonista dell’ultimo lungometraggio della regista spagnola Icíar Bollaín, presentato al Festival del Cinema di Malaga, è quella delle molte donne nate e cresciute nella società patriarcale capitalistica: ad un lavoro estenuante come costumista sottopagata fa da contrappunto una famiglia altrettanto impegnativa, composta, oltre che da un fratello ingombrante e una sorella assente, da un papà fin troppo presente. Alla famiglia di origine, che già di per sé basterebbe a mettere alla prova la resistenza di Rosa, si aggiunge la sua unica figlia, che le chiede ospitalità insieme ai due nipoti. Come molte donne, anche Rosa, interpretata da una perfetta Candela Peña (Kiki e i segreti del sesso, Tutto su mia madre) sembra essersi dimenticata di se stessa e dei suoi desideri più profondi, sacrificando le proprie ambizioni a vantaggio delle esigenze altrui. Così concentrata sulla famiglia, si appresta a compiere i quarantacinque anni, momento che segna una svolta nel tran tran domestico e professionale che l’ha imprigionata in una routine soffocante e ripetitiva: Rosa decide di lasciare il lavoro e la famiglia per rifugiarsi in provincia, dove vuole riaprire la vecchia sartoria della mamma e trasformare la propria passione per il cucito in un lavoro finalmente privo dello stress che lo aveva contraddistinto fino a quel momento. Soprattutto, però, quello che la protagonista desidera è concedersi il lusso dell’amor proprio con un gesto che è al tempo stesso folle e romantico: sposarsi con se stessa.

Prendendo spunto da una pratica realmente in uso in Giappone, Icíar Bollaín realizza una commedia leggera e ironica, che è al contempo un inno alla vita e una riflessione sulle piccole difficoltà del quotidiano. Come già accaduto con l’opera precedente, Yuli – Danza e libertà, sceneggiato dallo storico collaboratore di Ken Loach, Paul Lavérty, anche in questa occasione è affascinante notare la delicatezza con cui la regista spagnola riesce a tratteggiare i caratteri dei suoi personaggi, in cui si ritrovano i segni di un’umanità al tempo stesso semplice e straordinaria. Anche la storia della protagonista respira della quotidianità di un’esistenza normale, in cui lo spettatore può riconoscersi e identificarsi. L’idea di matrimonio con se stessi più che un elogio dell’egoismo diviene così lo spunto per riflettere sul concetto di unicità, sull’importanza di proteggersi dagli stimoli esterni di una società che ci vuole sempre pronti all’azione, in un continuo ciclo di doveri e mancate occasioni. Candidato a otto premi Goya – due dei quali vinti – Il matrimonio di Rosa offre l’opportunità di una leggera evasione, trasportati nel contesto di una Spagna colorata e chiassosa.

Valeria De Bacco

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