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Il regno – Rodrigo Sorogoyen

Enfant prodige del nuovo cinema spagnolo, già candidato agli Oscar nel 2017 col suo cortometraggio Madre, Rodrigo Sorogoyen è un regista madrileno salito agli onori della critica e del pubblico con il film Che Dio ci perdoni, notevole poliziesco dal ritmo frenetico incentrato sulla Spagna contemporanea. Col suo terzo lavoro, Il regno, l’autore iberico trasferisce il suo talento visionario all’interno di una complessa vicenda politica.

Spagna 2008. Manuel Lopez-Vidal è un arrembante uomo di potere che da vice-segretario regionale sta per compiere il grande salto verso il Parlamento. Membro di una “casta” dedita alla corruzione e al riciclaggio di denaro, l’uomo conduce una vita dissoluta e senza scrupoli tenendo all’oscuro delle sue azioni la moglie e la figlia. Quando a causa di una fuga di notizie interna il suo partito viene accusato di frode, Manuel viene designato dai suoi colleghi come unico colpevole, nonché vittima da dare in pasto a media e giornali. Inizia così per lui un allucinante viaggio per denunciare il sistema intero al quale apparteneva.

Vincitore di sette Premi Goya, il più importante riconoscimento cinematografico spagnolo, Il regno affronta con rabbia e passione il lato oscuro della politica, raccontando nel profondo il corto circuito interiore di un uomo incapace di rinunciare al proprio potere acquisito e disposto persino ad affondare trascinando con sé tutto il Paese.

Sorogoyen, abile descrittore, possiede un grande senso del ritmo e riesce a donare enfasi e vita ad un processo, lungo 120 minuti, che non accenna mai a lasciare la presa sullo spettatore. Lopez-Vidal è un uomo spregevole e senza senso del reale, il quale diventa, nonostante il suo ruolo indubbiamente negativo, un anti-eroe per cui siamo portati quasi a tifare. La sua ricerca per mantenere lo status quo ed ottenere vendetta finisce per corrispondere al sentimento di una società contemporanea, intrisa di individualismo ed assenza di senso civico, in cui ogni cittadino pensa a difendere con le unghie il proprio giardino piuttosto che guardare al benessere della comunità. Non a caso il regista sceglie come anno di ambientazione proprio il 2008, anno spartiacque che ha visto l’arrivo prepotente nei mercati dell’iPhone e l’esplosione, in Europa, dell’ondata sovranista ancora oggi perlopiù vigente.

Senza indicare l’appartenenza politica del suo protagonista Sorogoyen opta per creare, a mano a mano che Manuel vede prossimo il compimento della sua vendetta, un crescente senso di ambiguità non tanto nella trama quanto nei valori messi in scena. Solo, abbandonato dai colleghi e dalla famiglia, Lopez-Vidal finirà per guardare direttamente in macchina lo spettatore e rivelare così la sua complessa fragilità di semi-dio cacciato dall’Eden e scaraventato sulla Terra.

Marco Mastino

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