Più di otto minuti di applausi sono stati riservati dal pubblico del 72° Festival di Cannes a La Belle Époque, secondo acclamato film del poliedrico figlio d’arte Nicolas Bedos che, dopo Un amore sopra le righe, propone una commedia romantica e cinica al tempo stesso. Una coppia di sessantenni in crisi, Victor e Marianne, costantemente in rotta di collisione: lui, un fumettista disoccupato in carenza di ispirazione, orientato, anche nella sua arte, ai “bei vecchi tempi”; lei, una psicanalista votata alla modernità e ai nuovi mezzi di comunicazione di massa e con lo sguardo rivolto al futuro. Un uomo e una donna che puntano in direzioni opposte e faticano oramai a sopportarsi. In loro aiuto, interviene la magia del cinema attraverso la proposta di una strampalata agenzia che si occupa, ricostruendo luoghi, dialoghi e situazioni, di offrire ai suoi ricchi clienti la possibilità di rivivere, secondo i propri desideri, un particolare momento storico o personale del passato. Una sorta di Truman Show (citando il film di Peter Weir del 1998) per scelta. Ed ecco che il malinconico Victor, interpretato in maniera sublime, divertente e commovente da Daniel Auteuil, sceglie di rivivere il suo giorno più bello: il 16 maggio del 1974, quando conobbe e si innamorò della stessa Marianne. A dirigere la ricostruzione, l’intraprendente e infuocato Antoine (Canet), specchio di Victor ma anche dello stesso Bedos, un voyeur che si nutre delle storie dei personaggi/persone che mette in scena. Margot, interpretata da Dora Tillier, è invece Marianne da giovane e nel gioco di intrecci ed equivoci del film fa coppia (e litiga) con Antoine. La Belle Époque del protagonista è un tempo, quello della gioventù, e uno spazio, il bistrot dove lui e Marianne si guardarono per la prima volta negli occhi; un’epoca e un luogo mai dimenticati dal nostalgico Victor ma tuttora rievocati, nel tentativo di togliersi dal torpore di una vita tecnologizzata, da uno sconfortante e avvilente presente che va troppo veloce e che sembra tralasciare l’importanza del sentire umano.
Bedos è autore anche dell’ambiziosa sceneggiatura, densa di dialoghi, sarcasmo, comicità raffinata, scontri, equivoci e momenti di grande dolcezza; una scrittura corposa e caratterizzata da differenti livelli di lettura, filoni narrativi e temporali che si compenetrano e si intersecano creando in alcuni momenti un disorientamento che è garanzia di un ritmo vivace e coinvolgente.
Il cast è ben assortito, i personaggi secondari pienamente strutturati; tutti hanno una psicologia articolata e contraddittoria. Il film è un omaggio alla potenza e al potere del cinema e del teatro; gioca sapientemente con l’immaginario e il visionario, confonde realtà e finzione, vita vera e spettacolo. Non vuole essere un’apologia del passato ma un invito, che il regista ci consegna attraverso le parole del suo alter ego Antoine, a “continuare ad inventare, vivendo al massimo il futuro pur non sapendo cosa ci riserverà” senza dimenticare che il presente che viviamo, a sua volta, sarà parte integrante del passato nostalgico di domani.
Loredana Iannizzi