Corrado, protagonista dell’ultimo lavoro di Andrea Segre, è un alto funzionario del Ministero degli Interni incaricato di svolgere una delicata missione nella Libia del dopo Gheddafi. Il suo compito, infatti, è quello di arginare il flusso migratorio irregolare che negli ultimi anni va sviluppandosi sulle rotte del Mediterraneo, registrando un numero sempre maggiore di decessi e traffici illeciti. Difendere le frontiere europee è l’obiettivo comune dei governi, ma il rispetto delle direttive politiche non è sempre di facile attuazione quando a rompere i fragili equilibri diplomatici entra in gioco il fattore umano. Corrado, che con i suoi colleghi si avvicenda tra centri di detenzione per migranti e stanze del potere, in una realtà non priva di tensioni come quella libica, vive un momento di forte crisi, che culmina con il rifiuto di una delle più importanti regole del settore e lo porta a fare la conoscenza di Swada, che consegna all’anonimato di un numero il volto di una donna disperata. Swada ha lasciato la Somalia nel tentativo di raggiungere il marito, emigrato in Finlandia, ma è rimasta bloccata in uno degli ormai tristemente famosi campi di detenzione libici.
Possono la ragione umana e i sentimenti che si scontrano con la legge dello Stato trovare un rimedio alle profonde ferite di un’Europa divisa, pronta a cedere nuovamente il passo ai totalitarismi? Può, in altre parole, l’altruismo cambiare l’ordine delle cose?
Con il suo ultimo lungometraggio, Andrea Segre consegna al pubblico un’opera quanto mai attuale ed espressiva della sensibilità che contraddistingue la poetica dell’autore, che, non estraneo ai più importanti festival cinematografici d’Europa, già in passato ha voluto confrontarsi con il complesso tema dell’immigrazione, attraverso il documentario Mare chiuso del 2012 e i film di finzione Io sono Li e La prima neve. L’ordine delle cose, che ricorda il cinema di impegno civile di Francesco Rosi, approda a Venezia nella sezione Proiezioni speciali conquistando il favore di critica e pubblico grazie alla sua capacità di essere incisivo senza per questo diventare bacchettone. Lo stesso regista spiega, a proposito del protagonista di aver «cercato in lui, nel suo ordine e nella sua tensione emotiva, quelle della nostra civiltà e del nostro tempo. Sappiamo bene quanto stiamo abdicando ai nostri principi negando diritti e libertà a essere umani fuori dal nostro spazio, ma proviamo a non dircelo o addirittura a esserne fieri. È questa crisi che mi ha guidato eticamente ed esteticamente nel raccontare il mondo di Corrado, un mondo tanto rassicurante quanto inquietante».
di Valeria De Bacco