Così come accaduto per la new wave rumena capitanata da Cristian Mungiu, Cristi Puiu e Corneliu Porumboiu, anche la Grecia, negli ultimi anni, sta assistendo allo sviluppo di una propria personale nouvelle vague. Il cinema ellenico, infatti, è salito agli onori della critica cinematografica grazie agli exploit visivi e fortemente affascinanti di un gruppo di registi tra loro connessi, come Athina Tsangari, Alexandros Avranas e Yorgos Lanthimos. A loro, senza dubbio, deve molto Babis Makridis, regista di Miserere, che, con l’autore di The Lobster e l’autrice di Attenberg condivide, non a caso, lo storico sceneggiatore Efthymis Filippou.
Il film, presentato al Torino Film Festival 2018, racconta di un avvocato di successo che deve accudire la moglie in coma a causa di un brutto incidente. L’uomo è circondato da persone che cercano di incoraggiarlo e aiutarlo, facendogli sentire la loro vicinanza attraverso testimonianze d’affetto e regali. L’improvvisa guarigione della donna, però, getta inaspettatamente l’uomo in preda ad un immenso sconforto: senza più un motivo per essere commiserato, l’avvocato si trova perso e assolutamente dipendente dalla pietà altrui.
Makridis, al suo secondo lungometraggio, mette in scena una storia dal forte humour nero che spiazza lo spettatore proprio per il suo ribaltare le classiche dinamiche emotive andando a mettere in crisi le più scontate norme sociali. Il protagonista, impersonato da un glaciale Yannis Drakoupolos, deve affrontare il proprio personale viaggio alla ricerca dell’unica emozione che lo faccia sentire vivo: l’infelicità al fine di muovere a compassione. Compassione incarnata dalle torte della vicina del piano superiore; dai vestiti lavati in anticipo dalla storica tintoria; dalle frasi fatte e di circostanza pronunciate dai clienti o dai conoscenti. Sono i gesti poco sentiti, quelli di facciata, di cui si accontenta il nostro antieroe, personaggio fortemente consapevole, vittima e carnefice di se stesso che, quasi come fossero commenti di un coro, addirittura esplicita direttamente allo spettatore le proprie personali regole per dare una perfetta idea di pietà.
Con quest’opera, il regista, si inscrive perfettamente in quell’ondata “fredda” del nuovo cinema greco, portando sullo schermo una società in cui i sentimenti e l’empatia si stanno perdendo, i rapporti e le relazioni sono assolutamente costruiti e regolati da schemi prevedibili, il bisogno di emozioni è così forte da spingere a gesti estremi.
Miserere si rivela una moderna, e al contempo classica, tragedia greca in cui il protagonista prova invano a compiere un gesto di ribellione alla norma per venire, comunque, sconfitto da un destino impietoso.
Marco Mastino