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A passo d’uomo

Pierre (Jean Dujardin) conduce una vita all’apparenza dissoluta, che si consuma tra donne, alcol e piaceri effimeri. Quando un incidente, dovuto proprio all’ubriachezza, lo costringe all’immobilità in un letto di ospedale, si trova obbligato a prendere coscienza delle proprie inquietudini interiori, fino a quel momento rimaste sepolte sotto le apparenze di una esistenza da viveur. Una volta ristabilitosi, decide dunque di impegnarsi per conoscere davvero sé stesso e sciogliere i propri nodi irrisolti. Decide così di intraprendere un lungo viaggio a piedi, che lo porterà a camminare per 1.300 chilometri, dal Parco del Mercantour, nel sud-est della Francia, fino a Nez de Jobourg, in Normandia, lungo i sentieri di montagna meno battuti, segnati solitamente in nero sulle mappe e pertanto denominati “cammini neri” (da cui il titolo originale del film, “chemins noirs”).

Un lento cammino a passo d’uomo, fatto di paesaggi immobili e incantati, ma anche costellato da intemperie e asperità, metaforici ostacoli sulla via di un percorso di redenzione esistenziale. Passo dopo passo, Pierre si scoprirà in grado di riconnettersi progressivamente con la natura che lo circonda e, in tal modo, troverà gradualmente l’ispirazione necessaria per ristabilire la sintonia con la propria interiorità e ritrovare il senso profondo della propria esistenza, che aveva rischiato di sprecare.

Il regista Denis Imbert trae spunto da un romanzo del 2016 di Sylvain Tesson (dal titolo, nell’edizione italiana, Sentieri neri), per indagare il tema del bisogno di conoscere la propria interiorità attraverso il contatto con l’ambiente e la natura. Per farlo, si affida a un ritmo narrativo lento e cadenzato, incline a soffermarsi, con lunghe e accurate riprese, sugli ampi e silenziosi spazi aperti, in netto contrasto con i frequenti flash-back sulla movimentata e caotica vita precedente di Pierre. Il risultato è un lungometraggio capace di evocare allo spettatore, attraverso i silenzi e la bellezza dei panorami, le sensazioni e le riflessioni profonde di Pierre, figura piccola ma tenace, che si staglia sull’immensità degli scenari che attraversa.

L’autenticità dell’effetto è garantita anche dalla convincente prova di Jean Dujardin, premio Oscar per The Artist (2012), che fornisce una ulteriore prova del suo eclettismo, riuscendo a restituire in maniera efficace le sfumature e gli stati d’animo di un personaggio complesso, dai disagi della crisi interiore, alla sofferenza per le difficoltà incontrate lungo il viaggio, fino alla grinta e forza di volontà che lo porteranno al riscatto. Il film ha aperto in anteprima la settantunesima edizione del Trento Film Festival ed è stato accolto con grande calore in Francia, dove si è rivelato un successo di pubblico. In Italia, è stato distribuito nelle sale nell’autunno del 2023.

Marco Galano

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