Alex e Noémi sono una coppia di fidanzati sulla trentina, innamorati e desiderosi di avere un bambino. Il loro piano però viene scompaginato dalla settantenne Suzanne, madre di lui, che inizia a comportarsi in maniera sempre più bizzarra e stravagante, lasciando così trasparire la presenza di una pesante malattia neurodegenerativa, la demenza semantica. La donna, ex curatrice di una galleria d’arte, si ritrova a compiere con sempre maggiore frequenza gesti sconsiderati, tra cui dilapidare cifre consistenti, intrufolarsi nella casa dei propri vicini in piena notte e fabbricare una patente falsa con forbici, cartoncino e colori. Di fronte alla necessità di badare a Suzanne, i due ragazzi decidono di procrastinare, almeno temporaneamente, il proprio proposito genitoriale e concentrano gli sforzi nella ricerca di soluzioni adeguate ad arginare efficacemente i comportamenti sconvenienti della donna. Questo percorso risulterà particolarmente sofferto per Alex, chiamato a misurarsi con l’involuzione subita da sua madre, trasformatasi, da donna colta e raffinata, in una bambina capricciosa e scatenata, dai capelli sempre arruffati e spesso incontenibile nelle proprie bravate, con la sola eccezione dei casi in cui viene pesantemente rallentata dagli psicofarmaci.
La progressiva espansione dell’oppressione che Suzanne, suo malgrado, finisce con l’esercitare sulle vite dei due ragazzi viene rappresentata dai due registi belgi Raphaël Balboni e Anne Sirot attraverso l’uso di alcuni espedienti grafici mirati, come i colloqui che i personaggi intrattengono rivolgendosi direttamente a una telecamera frontale, nei quali lasciano trasparire la progressiva evoluzione del proprio stato d’animo anche dalle variazioni cromatiche dei propri abiti.
Sebbene la malattia di Suzanne venga inizialmente percepita come inaccettabile da Alex, nel corso del film, quest’ultimo riuscirà a compiere una maturazione tale da portarlo a comprendere e addirittura amare i cambiamenti subiti dalla mamma. In questa evoluzione si scorge il messaggio lanciato dai due registi, che invitano a fronteggiare la demenza non con una ostinata e sterile lotta, che non può portare ad alcuna vittoria, bensì con una accettazione amorevole che trasformi il dolore in amore.
La folle vita ha ottenuto dodici candidature all’edizione 2022 dei Premi Magritte (eguagliando in tal modo il record precedentemente stabilito nel 2011 da Un’estate da giganti nel 2011) aggiudicandosi i premi per il miglior film, la migliore sceneggiatura, i migliori costumi e i migliori attori protagonisti, nelle persone di Jean Le Peltier (Alex) e Jo Deseure (Suzanne).
Marco Galano