Taranto, 1997. L’Ilva, l’enorme stabilimento siderurgico che occupa una superficie pari a due volte e mezza la città, segna inesorabilmente le sorti dei suoi abitanti: mentre da un lato crea occupazione e discreto benessere, dando un impiego a circa 12 mila persone, dall’altro, condanna i tarantini a subire livelli inaccettabili di inquinamento e un numero spropositato di morti sul lavoro. Una contraddizione descritta magistralmente da uno dei più apprezzati intellettuali italiani degli ultimi trent’anni, Alessandro Leogrande (prematuramente scomparso nel 2017), nel suo romanzo Fumo sulla città. Proprio da questo romanzo prende spunto Michele Riondino per Palazzina Laf, in cui, oltre a firmare la regia, recita la parte del protagonista Caterino Lamanna, uomo ruvido e poco istruito, addetto a mansioni umili e faticose all’interno del grande stabilimento.
Dopo l’ennesima morte sul lavoro, Caterino viene avvicinato da Giancarlo Basile (Elio Germano), dirigente scaltro e senza scrupoli, che gli propone di diventare una spia al servizio della proprietà. I vertici puntano a incastrare e licenziare il sindacalista Renato Morra, particolarmente attivo nelle proteste che animano la fabbrica. Caterino si lascia convincere con poco: un’autovettura aziendale usata e la promessa di una promozione a capo squadra, poi trasformata, su sua richiesta, in un trasferimento alla Palazzina Laf. Quest’ultima viene percepita dagli operai addetti ai lavori più gravosi come un luogo per privilegiati, dal momento che i dipendenti ad essa destinati sono privi di mansioni e, pertanto, ricevono lo stipendio senza lavorare.
In realtà, quello che sembra un luogo invidiabile è invece un luogo di confinamento dei dipendenti scomodi, nel quale – anche attraverso l’assenza di mansioni lavorative – viene perpetrata una vera e propria forma di violenza psicologica, finalizzata a ottenere le dimissioni o l’accettazione di mansioni inferiori, in barba alla legislazione vigente. Viene così raccontata dall’interno una delle più incredibili vicende del capitalismo italiano, sfociata in una delle più celebri sentenze di condanna per mobbing emesse nel nostro Paese, con la condanna dell’allora proprietario Riva e di una serie di dirigenti dell’azienda.
Nel farlo, Riondino regala una interpretazione superlativa, riuscendo, sul piano attoriale, a rendere le mille sfaccettature di un personaggio che è al contempo una vittima e un traditore, e, sul piano autoriale, a ritrarre con spietata nitidezza l’angosciosa banalità del male di un microcosmo aziendale, che a ben guardare potrebbe essere lo specchio di un intero Paese. Il film è impreziosito anche dall’ottima interpretazione del coprotagonista Elio Germano e dalla colonna sonora firmata da Teho Teardo e Diodato, che vi ha dedicato il brano inedito La mia città. Palazzina Laf è stato presentato in anteprima alla Festa del cinema di Roma nel 2023 e ha ottenuto ben cinque nomination ai David di Donatello del 2024.
Marco Galano