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passages - manifesto

Passages

L’amore è un insieme di fili intrecciati, uniti tra loro da molti nodi: è un incontro tra persone, un intrecciarsi e talvolta uno sciogliersi perché quel nodo che tanto si pensava indissolubile non era in realtà così stretto come appariva. Ed è di intrecci che il regista Ira Sachs vuole raccontare con il suo film Passages (2023). Un intreccio complesso che descrive un triangolo moderno: nella società odierna la lotta per definire chi amare o come chiamare il proprio amore è una battaglia aperta tra eterosessualità ed omosessualità.

Ma Ira Sachs va contro il binarismo amoroso e apre allo spettatore una più ampia realtà umana, perché, sì, le persone sono così complicate da non poter essere definite in un semplice binarismo di zero e di uno.Thomas e Martin si amano, uniti insieme dall’essere artisti, vivono il loro matrimonio apparentemente tranquillo. Ma quell’unione, arrivata ad uno stallo, entra in crisi con l’incontro della giovane e bella Agathe, che muove le corde e l’attenzione di Thomas. Il regista introduce un racconto intimo, che si muove tra le mura di case e in piccoli spazi. Un racconto lento che rende lo spettatore partecipe di uno sguardo tra le lenzuola, tra momenti intimi, litigi e baci rubati.

Il film sembra lo specchio delle emozioni del protagonista: bloccato in un tempo non preciso, statico in questo triangolo come Thomas sembra fermo nell’eterna indecisione tra l’amore che prova per Martin e l’amore per Agathe. Anche quando il racconto trova un elemento decisivo, viene raccontato in silenzio, quasi come se nulla fosse perché è quello che Thomas prova e sente al riguardo. Queste incomprensioni, inoltre, vengono accentuate con la decisione di utilizzare diverse lingue nei dialoghi, tra il francese e l’inglese. Agathe sembra dunque un elemento dissonante, l’unica francese che si trova ad amalgamarsi con l’inglese di Thomas e Martin. La ragazza ci prova, in silenzio, va incontro al volubile Thomas che infine sembra non dare il giusto spazio né a lei né al marito, quasi accecato dal turbinio di pathos che lo avvolge.

Ed è in questo silenzio che il film trova il suo rumore. Le parole non dette sono più dolorose, come un coltello affilatissimo. E se l’opera gioca su una staticità precisa, l’elemento invece fondamentale che il regista utilizza sono i giochi di sguardi e la bravura di un cast internazionale: il tedesco Franz Rogowski, interprete del film italiano Freaks out (Gabriele Mainetti, 2021), l’attrice francese Adèle Exarchopoulus protagonista de La vita di Adele (Abdellatif Kechiche,2013) e infine l’attore inglese Ben Whishaw protagonista di Profumo – Storia di un assassino (Tom Tykwer, 2006).

Alice Zoja

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