Presentato nella sezione Orizzonti della Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia, Sole è il primo lungometraggio di Carlo Sironi.
Il lento e delicato procedere della vicenda ed i dialoghi essenziali, asciutti, quasi sussurrati attraverso il silenzio della scena, trasportano lo spettatore in uno spazio intimo nel quale due sconosciuti si ritrovano a sperimentare la complessa realtà di un progetto genitoriale che li tocca, ma non li riguarda. I colori sono spenti, gli ambienti risultano spogli, cupi, e ci si chiede, ad un certo punto, da dove possa entrare un pochino di luce. Dov’è il sole che il titolo ci promette?
Il regista, con il suo pungente e disarmante realismo, ce lo farà guadagnare poco alla volta. Con la sua opera, infatti, egli non vuole soltanto parlarci di una situazione spietatamente illuminata, nonostante il buio scopo che nasconde. Intende anche raccontare l’emergente disagio giovanile causato da una società che lascia poco spazio ai sogni e alle occasioni, nella quale non esistono sconti ed i miracoli hanno il loro prezzo. Ce lo racconta anche con la scelta dei costumi: per un attimo, si ripensa con malinconia al benessere economico degli anni Ottanta, dove la moda (forse) lasciava a desiderare, ma la famiglia era un porto sicuro al quale tornare, una volta mollati gli ormeggi.
Nella vuota periferia romana, due giovani adulti si ritrovano a vivere una dissonante simbiosi. Sono ragazzi disillusi, smarriti, diversi e distanti che il filo del destino unisce tra apatia, imbarazzo e solitudine. Lena è una ragazza madre di origine polacca, il vuoto nei suoi occhi è quasi assordante. È di passaggio nella penisola italiana perché aspira ad un futuro migliore, sta imparando il tedesco ed è determinata a non affezionarsi alla vita che porta in grembo. Ermanno sta al mondo senza un obiettivo ben preciso, in bilico tra lo schermo di una slot machine, il guadagno ricavato da attività illecite e la superficiale presenza di un amico con il quale si confida. Fabio e Bianca, gli zii di Ermanno, sognano da tempo di avere un bambino che non arriverà mai. Essi decidono, dunque, di contemplare strade non convenzionali e pagano Lena ed Ermanno al fine di farli passare come genitori troppo giovani ed inesperti per crescere un neonato; pianificando, così, di farsi nominare tutori a parto avvenuto.
I protagonisti vivono una sorta di reclusione, incubando reciproci sentimenti e contrapponendo il loro stato d’animo a quello di due adulti che, pur di essere felici e realizzare il loro sogno, sono disposti ad agire in maniera sconveniente. Il film denuncia, così, la sotterranea macchina che organizza il fenomeno delle adozioni illegali, eppure concordate proprio alla luce del sole.
Eleonora Bonadé