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The look of silence – Joshua Oppenheimer

50757Se Joshua Oppenheimer, in The Act of Killing, aveva raccontato la raggelante distanza e la mostruosa soddisfazione di coloro che avevano ucciso barbaramente un milione di vite umane alla fine degli anni sessanta in Indonesia, in The Look of Silence ribalta il punto di vista, e assume quello di Adi, un oculista il cui fratello fu assassinato dagli squadroni della morte prima della sua nascita. Ferito dal passato e dal presente, Adi si confronta con i carnefici senza cercare vendetta ma tentando di ottenere anche solo un’ombra di pentimento o assunzione di responsabilità. Lo sguardo di quest’uomo si trasforma nel nostro volto che cerca di urlare il dolore, ma rimane sgomento e ammutolito. Uno sguardo silenzioso, ma non per questo incapace di comunicare. Nella mente degli spettatori rimangono impressi i corpi e gli animi che portano su di sé i segni del passaggio della storia, della vita, della morte e che sono memoria viva eppure immota, immagine di quello che non si vede.

Qui il tema è radicalmente diverso da quello di The Act of Killing: non c’è più il rapporto tra senso di colpa represso e rievocazione della memoria attraverso la finzione, ma vi è responsabilità e rimozione della memoria. Come dice il titolo, i protagonisti sono i silenzi che si stabiliscono tra i due interlocutori: quello che si incontra più spesso è un muro perché nessuno vuole assumersi le responsabilità. Rispetto al dinamismo furioso del film precedente, The Look of Silence rivela atmosfere rarefatte e rassegnazione disperata.the_look_of_silence_a_l

Adi è cresciuto come la “seconda scelta” di una famiglia di sopravvissuti e ha bisogno di incontrare gli assassini del fratello per poterli perdonare. Egli aiuta gli altri a mettere a fuoco, esattamente come il documentarista perfeziona la nostra visione e ci informa. Oppenheimer è intimamente coinvolto con quanto ripreso, si dimostra parte in causa rispetto a quanto rappresentato, rivela la propria partecipazione fisica (e quindi la diretta esposizione al rischio), piuttosto che inverare la bugiarda idea di oggettività documentale. The Look of Silence è cinema della realtà nel diventare testimonianza della Storia e un’inchiesta pericolosa perché oggi i responsabili sono ancora al potere.

the-look-of-silence-venice-film-festivalOppenheimer utilizza una cinepresa fissa sui volti e una fotografia dalle luci morbide che permette di evidenziare bene i colori caldi. Seppur il film si dimostri un’opera così profonda e umana, l’impianto risulta più convenzionale rispetto al lavoro precedente e, a volte, le scene di “vita familiare” appesantiscono l’insieme in modo non sempre appropriato.

Tutto il film, già dal titolo e dalla sequenza iniziale, parla di sguardo e si presenta come una riflessione sull’atto di mettere a fuoco e sulla relazione visiva. Si tratta di trovare il giusto diaframma, attraverso il quale poter focalizzare il reale, riuscire a vedere e far vedere in profondità, per prendere consapevolezza della propria posizione, e quindi del proprio coinvolgimento, col mondo attorno e con ciò che ha reso possibile il suo manifestarsi.

Alexine Dayné

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